Disturbo Ossessivo Compulsivo
Il disturbo ossessivo complusivo fa parte dei disturbi d’ansia. La paura vissuta dal paziente ossessivo è legata al dubbio di non fare la cosa giusta e cioè all’idea che possa essere responsabile che qualcosa di brutto sia accaduto, stia accadendo o accadrà, soprattutto a sé e ai propri cari.
I temi dei dubbi, dei pensieri, degli impulsi o delle immagini ricorrenti e persistenti (le ossessioni) sono legati a temi come la contaminazione e la sporcizia, il sesso, gli atti immorali (rubare, bestemmiare, uccidere, …). Il tema di fondo è quello del dover essere sempre una persona degna (che poi per l’ossessivo è l’unico modo per essere amabili) e di temere quel lato di sé “cattivo” che inevitabilmente -se non tenuto costantemente sotto controllo- potrebbe commettere qualcosa di immorale e inappropriato. Il mondo è quindi diviso in bianco-nero, buono-cattivo, “mondo bene – mondo male”, ma questo non permette al paziente di integrare le inevitabili sfumature e la complessità della realtà in cui viviamo.Per ridurre l’ansia il paziente ossessivo adotta una particolare strategia di ipercontrollo: innanzi tutto cerca di evitare di commettere errori irreversibili (di qui, anche, il problema della scelta e della procastinazione, legato alle valutazioni infinite per trovare la “strada migliore in assoluto”). Se questa non funziona cerca magicamente di annullare gli effetti degli “scenari catastrofici che vive” (gli scenari in cui “immagina” di aver preso la decisione sbagliata) con le compulsioni e cioè con comportamenti ripetitivi (ad esempio lavarsi le mani) o azioni mentali (ad esempio ripete gesti o numeri o frasi, mettere sempre nello stesso ordine gli oggetti) che diventano dei veri e propri rituali magici che possono essere propiziatori (vengono messi in atto affinché qualcosa non accada) o “di annullamento” (servono a evitare che quello che è accaduto non abbia una ricaduta sul mondo reale).
In psicoterapia, e in modo più specifico nell’ipnoterapia, oltre ad intervenire sui sintomi per ridurre l’ansia senza che il paziente abbia bisogno dello “psichismo di difesa” (le compulsioni), l’intento è quello di facilitare una maggiore integrazione tra “il sé buono e il sé cattivo”, aiutando il paziente ad integrare e articolare le informazioni, soprattutto quelle di carattere emotivo, in modo che gli sia possibile approcciare la complessità della realtà senza dover ipercontrollare sé stesso e il mondo ma anche senza il costante timore di essere indegno e colpevole.